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EDIZIONI BALILLA - MILANO - ROMA


SERIE
“FIGURINE BELLICHE“ - 1940


FIGURINE
PRESENTAZIONE

BAL BEL 001 F

 


1. PREMESSA
gli eventi che ci hanno condotto verso una guerra mondiale tanto sciocca ed inutile, quanto devastante sono dovuti alla protervia di certe componenti del potere europeo ben più avvezze a curare i soli propri interessi che cercare, anche dopo devastanti conflitti, di creare condizioni giuste e solide che tenessero alla lontana il ripresentarsi di motivazioni che potessero riportate le nazioni in condizioni di fare nuovamente ricorso alle guerra come strumento per l’affermazione di propri diritti negati.

Inutile ricordare come, alla fine della prima guerra mondiale, furono commessi due gravissimi errori da parte delle potenze vincitrici: il primo nel penalizzare la Germania con una gravosissima condizione di perdita territoriale sia nel versante verso la Francia (ma quelle erano regioni già bilingue e frontaliere, la cui perdita era territorialmente “accettabile” da una nazione sconfitta), sia nel versante est con lo smembramento della Prussia lo Stato più importante dell’oramai ex Impero tedesco e la cessione forzata della zona di Danzica, che di polacco non aveva assolutamente nulla, alla Polonia.

L’altro errore fu quello di aver trattato l’Italia, alleato vincitore, come una Nazione quasi perdente, riconoscendo semplicemente alcune annessioni di regioni alpine non tutte di madre lingua italiana e non riconoscendo al nostro Paese le regioni della penisola dalmata che erano italiane, di lingua e di cultura e di tradizione, nonché di popolazione, da oltre tre secoli.
Quelle terre erano passate al dominio asburgico dell’allora Arciducato d’Austria alla caduta della “serenissima repubblica di Venezia” per opera delle truppe francesi di Napoleone Bonaparte e successivamente cedute all’Austria con il trattato di Campoformido (17 ottobre 1797).
Nessuna, peraltro inesistente “Nazione slava le aveva mai reclamate né possedute!

Le insoddisfazioni dei militari, vincitori sul campo e poi bombardati a Fiume dalla nostra stessa marina per ordine degli inglesi, ha finito con il generare quella sorta di gravissima sfiducia verso Alleati “prenditutto” (vogliamo ricordare le annessioni inglesi delle colonie tedesche ed il poco o nulla “concesso” all’Italia?) che ha causato il sorgere di fenomeni politico militari come “l’arditismo”, “l’avanguardismo”, “la militarizzazione della politica” e le inevitabili conseguenze sfociate nel rancore verso i vecchi Alleati, nella “retorica della autarchia” e della perfida “Albione”, sino al Fascismo!.
Tale ottica, che ha influenzato tutto il ventennio fascista, era nata ben prima degli eventi post primo conflitto mondiale ed era legata alla volontà di creare un uomo nuovo, un italiano nuovo, moderno, capace di portare il paese al livello delle altre cittadinanze europee, anzi di essere superiore perché nuovo, perché non minato da falsi ideali borghesi, umanitari, tolleranti e dal volgare sentimentalismo.

L’italiano nuovo doveva essere un duro, coraggioso, resistente votato alla patria.
Solo dopo il primo conflitto mondiale le conseguenze si trasmisero all’ideale di uomo nuovo appena accennato sopra, convogliando tutte le motivazioni educative e culturali previste dall’”uomo nuovo” a porsi come vera alternativa a tutto ciò che era corrotto.
Non è affatto un caso né una semplificazione ciò che leggiamo proprio sulla controcopertina degli album V.A.V. de “La nostra guerra” (siamo qui nelle seconda guerra mondiale), in cui si deve lottare “contro gli avversari democratici franco inglesi” in cui il termine democratico è visto come un valore vecchio, stantio, superato se si vuole che l’italiano nuovo sia un italiano superiore (ABERRANTE).
A questo mirava il fascismo, a questo mirava tutta l’organizzazione dell’Opera Nazionale Balilla: crescere le giovani generazioni secondo una educazione fondata sul mito della razza di “uomini nuovi”, anzi, ancor più di “italiani nuovi”!

2. LA DATAZIONE
Figlio di una filosofia politica e visto quasi come l’unica soluzione per l’elevazione dell’italiano, il pensiero di piegare qualsiasi elemento al proprio interesse, alla propria missione fu come un mantra per i Gerarchi posti a capo della gestione pratica di tale obiettivo.

Tra questi elementi anche le letture, ovviamente, le riviste (Il Balilla “in primis” e le figurine come componente, non firmata, ma voluta ed asservita all’ideologia del potere.
La serie di cui trattiamo è una serie che vede il suo essere nelle mani e tasche di giovani Balilla nel 1940, sicuramente nel secondo semestre, dato che all’interno della raccolta, su 100 figurine ne risulta una sola databile nel senso che in una sola figurina è rappresentata una scena, da didascalia, espressamente riconoscibile con un avvenimento specifico e ben noto.

Facciamo riferimento alla figurina numero 30 riportata come “bordata della corazzata Cavour alla battaglia dello jonio”.
La “Battaglia dello jonio” è nota come battaglia di “Punta Stilo”, combattuta a largo di Punta Stilo da una formazione inglese e da una formazione italiana senza vincitori né vinti, che, però, mise in luce la nostra arretratezza e la scarsa coordinazione con le forze aeree di supporto alle operazioni navali.

Al di là dei dettagli storici, sempre interessantissimi, la battaglia ebbe luogo il 9 luglio 1940 il che pone la serie in cui è citata, come necessariamente distribuita nell’ avanzato autunno del 1940 oppure nei primi mesi del 1941; tuttavia la mancata presenza in raccolta di altre figurine con riferimenti storici depone a favore dell’ipotesi del 1940 che appare di gran lunga la più attendibile.

3. IL PROGETTO
Il progetto era estremamente semplice, il tempo correva e la propaganda in qualche modo andava alimentata; la guerra impone delle tempistiche che non permettono né tempi morti ne rimandi né troppi ripensamenti.
100 figurine da tasca, da gioco di dimensioni tradizionali, senza orpelli, il primo dei quali sarebbe stato un inutile album.
Anche il disegno doveva essere veloce non necessariamente preciso nelle pose e nelle divise, tanto meno nelle scene che dovevano essere semplici, intuitive e sempre, comunque positive, mai troppo violente o angoscianti.

Ovvio che gli unici particolari che compaiono nelle scene disegnate sono dettagli riferiti a bandiere stendardi e fregi, mentre le titolazioni, presenti in ogni figurina dovevano essere estremamente stringate e sprigionare forza, virilità e far credere nella invincibilità dei padri.

E già…, più di qualche ragazzino di allora giocò con queste figurine mentre il proprio padre, magari, era in Grecia, in Russia, in Albania, forse nemmeno tornerà più a casa.

4. ASPETTI GRAFICO TIPOGRAFICI
Uno degli aspetti più interessanti della serie riguarda proprio gli aspetti grafici che sono interessantissimi.
Prima però rimeniamo sugli aspetti tipografici che ci dicono che le dimensioni di queste figurine erano di cm 4,8 x 3,4, una misura ben nota agli amanti di casa “balilla”.

Il supporto era di ottima qualità, cartonato leggero, di mescola chiara tendente leggerissimamente al paglierino (lontanissimo da bianchi e grigi) molto simile a quello che la V.A.V. userà o meglio stava già usando per le sue figurine de “la guerra nostra”.

La realizzazione tipografica non è delle migliori e le figurine risentono di una stampa un po’ frettolosa (al pari delle grafiche) anche se l’impegno a creare qualche cosa di più che minimale c’è tutto, visto che le figurine sono realizzate a colori con stampa in quadricromia, quindi le figurine sono molto belle sotto il profilo coloristico.
La ragione di una ricca gamma di colori sta in una scelta ben precisa fatta dall’editore, certamente una scelta “ideologica” dato che solo così si può definire la scelta di dare a tutte le 100 figurine della serie una ampia bordura di colore nero, ovvero di colorare quello che poteva essere semplicemente del colore del supporto!
La cornice di queste figurine è la firma della balilla, una conferma dei valori di una ideologia il cui colore era e rimane il colore nero, anche se il costo era superiore.

La scelta di dare ad una serie di figurine una bordura scura impone, solo per questioni di colore, il dover adottare, nella descrizione della scena raffigurata, dei colori chiari, altrimenti l’immagine finale sarebbe stata troppo pesante, scura, quasi illeggibile.

Devo dire che, al primo impatto visivo con queste figurine mi è immediatamente venuta a mente la superba serie di figurine fustellate che la Ditta Lasco di Milano (tipografia termali di Milano) realizzò, proprio immediatamente prima dell’entrata in guerra dell’Italia (1939), per la Ditta genovese di A. Sutter che produceva i prodotti “Marga” e “Rob” e che è possibile vedere nel sito proprio seguendo la casa editrice “Lasco Milano”.
Ricordavo cieli gialli con striature di nuvole rossastre, aeroplani gialli con timone di coda rosso, paracaduti gialli e paracadutisti arancioni, tutti colori quasi psichedelici, che non avevano nulla a che fare con i colori della realtà, figuriamoci, paracadutisti arancioni neanche fossero dei kamikaze, chi li avrebbe vestiti di certi colori in guerra!

Anche la grafica, il disegno sembrano con una certa approssimazione frutto della medesima mano, oppure le condizioni di rapida realizzazione dell’opera, comprendendo anche la realizzazione dei bozzetti, era in ambedue le serie decisamente simile, tanto che ha finito con il rendere simile anche gli elaborati di probabili mani differenti.
Le figurine della serie sono sia a sviluppo verticale (49) che a sviluppo orizzontale (51).

5. I SOGGETTI
100 figurine di guerra, impersonali o quasi, del tutto prive di richiami ad eventi bellici (tranne la figurina 30) non sono facili da realizzare e spesso si può incorrere in ripetizioni (tre scene con canotti gonfiabili, due fotoelettriche, due radio da campo ed altre.
Per dare una generica idea dei soggetti in raccolta, si è provato a suddividerli per categorie militari (terra mare cielo) con ulteriore quarto frazionamento aggiunto relativo a scene di guerra coloniale:

* 44 figurine scene di terra (esercito);
* 25 figurine scene di guerra aerea (aeronautica);
* 23 figurine scene di guerra sul mare (marina);
* 08 figurine con truppe coloniali;
        le figurine in cui compaiono o bandiere o simboli riconoscibili sono:
* 20 figurine per truppe certamente italiane (esempio bersaglieri), bandiere italiane fascio italiano;
* 17 figurine con simbologia tedesca (stemma Luftwaffe,) elmetti di foggia tedesca, bandiera, unitamente a due            svastiche sulle figurine numero 35 e 65 ed una grande sulla figurina numero 92 di cui si dirà più avanti.

Il che testimonia come ben 63 figurine ritraggono scene di guerra assolutamente impersonali o prive di simboli.
Inoltre scene raffiguranti scontri frontali e presenza di contendenti o di cadaveri sono accuratamente evitate. Il nemico non campare mai; fanno eccezione 6 figurine di carattere aeronautico dove se il mezzo aereo è il protagonista si vede quello che l’azione sta provocando al nemico, carri incendiati, depositi navi o aerei nemici colpiti, ma sono scene molto poco d’impatto e comunque sempre e solo su obiettivi militari, mai civili.

6. IL RETRO ED I TESTI
Il retro è privo di ogni scritta o riferimento, non ci sono neppure timbri apposti.
Per i testi ci si rifà a quelli didascalici riportati all’interno della minuscola figurine, sempre in inchiostro nero.
Il testo più lungo è quello della figurina numero 30 che riporta nome della nave e località.
Nell’elenco Excel i titoli, che poi coincidono con i testi di accompagno ad ogni figurina, sono riportati fedelmente.
Tutte le figurine, nessuna esclusa sono titolate.

                                               BAL BEL 069 F                                         BAL BEL 092 F

7. TRE FIGURINE PARTICOLARI
Nella serie ci sono tre figurine che hanno ciascuna la propria particolarità.
Della figurina numero 30 abbiamo già detto mettendo in risalto che è l’unica delle 100 figurine che fa riferimento ad un evento specifico e datato.

La seconda figurina “particolare” è la numero 69 riportata come “Forte Tavernelle”.
La particolarità di questa figurina consiste nel fatto che non si capisce bene a che forte ci si riferisca; non può essere una località coloniale dato che si vedono sullo sfondo montagne alte ed innevate.
Potrebbe essere il “Forte di Fenestrelle” posto sulla strada che va da Pinerolo al Sestriere ma i nomi non coincidono e poi essendo in Italia, nemmeno sul confine italo francese, credo non sia mai stato impiegato per scopi bellici.
Resta il dubbio.

La terza figurina emblematica presente in raccolta, di fatto, è veramente emblematica.
È la figurina numero 92 titolata “La lapide di Compiègne”.
Senza fare il professore, sono dovuto andare sui libri per capire cosa sia stata la lapide di Compiègne, dato che ne immagine ne nome mi ricordavano qualche cosa.
Compiègne è una località in territorio francese, nella regione della Piccarda (a nord vicino alle Ardenne, al Belgio) presso la quale, esistendo una piccola ferrovia locale, giunse il vagone con a bordo il generale francese Ferdinand Foch plenipotenziario francese per la firma di un armistizio e presso il quale fu “accompagnata” la delegazione inviata da Berlino per la firma di un armistizio che pose fine al primo conflitto mondiale, firmato l’11 novembre 1918.
Durante lo svolgimento delle prime operazioni della seconda guerra mondiale le forze naziste invasero la Francia e posero la bandiera nazista sulla stele francese che ricordava l’evento, a mo’ di rivendicazione di quella sconfitta, per i tedeschi ancora molto bruciante.

Ora la storia d’Italia non è la storia della Germania e questa figurina non avrebbe mai dovuto essere inserita in una raccolta italiana, perché nel 1918 noi eravamo dalla parte dei vincitori e per quella vittoria avevamo combattuto una guerra sanguinosa.

Sicuramente il nostro fronte non era quello franco-tedesco e il nemico affrontato era più quello austro-ungarico che quello tedesco, però, insomma, questa figurina, dove tra l’altro l’emblema nazista ha un forte rilievo grafico (anche se la svastica stata disegnata male o per errore o per precisa volontà), poteva essere risparmiata, se non altro per rispetto dei i tanti italiani morti per una vittoria che questa immagine, quasi va a sconfessare.
Però l’immagine è emblematica verso un risentimento così forte e diffuso verso i franco-inglesi che ci fa comprendere come il fascismo considerò come un tradimento la pace raggiunta con la conferenza di Parigi del 1919 e con il trattato di Versailles sempre del 1919.

8. ASPETTI COLLEZIONISTICI
La diffusione di queste figurine non fu così vasta come quella delle figurine V.A.V. dedicate alla guerra (che fu numerosissima per quantità e dotata di più album).
Questa raccolta non è di facile reperibilità ed acquisizione pur non potendo essere classificata come una serie rara.
Tuttavia ritengo che a molti appassionati di figurine di guerra, questa serie sia abbastanza sconosciuta o conosciuta solo parzialmente.

È una serie così detta didattica, una serie da gioco, di piccole dimensioni ma riveste una discreta importanza nell’ambito delle raccolte di guerra proprio per la sua non vastissima diffusione.
A livello di costi, una serie intera può avere una quotazione sui 250-300 euro, mentre a livello di singola figurina, secondo me la quotazione può anche essere di 5,00 euro o poco più.

Come sempre
Buona collezione!!!!!!!

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